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AVVISO DI SEMINARIO - Alessandro Amato 22 Gennaio 2010, ore 15

“Sapienza” Università di Roma Dipartimento di Informatica e Sistemistica “Antonio Ruberti”

AVVISO DI SEMINARIO Il giorno 22 gennaio 2010, alle ore 15, presso l’Aula A4 del Dipartimento di Informatica e Sistemistica, Via Ariosto 25, Roma, il dottor Alessandro Amato Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Centro Nazionale Terremoti, Roma

terrà il seminario: Terremoti in Italia: cosa sappiamo e cosa vorremmo sapere

Sommario Negli ultimi dieci anni le nostre conoscenze sui terremoti in Italia sono aumentate enormemente. Ciò è stato possibile grazie al forte incremento delle reti di osservazioni strumentali, avviato nel 2001 dall’INGV in collaborazione con molti enti italiani ed europei e con il supporto del Dipartimento di Protezione Civile. Sono state migliorate quantitativamente e qualitativamente la Rete Sismica Nazionale e la rete GPS, che hanno fornito nuovi e importanti dati per vincolare l’entità e l’orientazione delle deformazioni in atto e identificare (insieme ai dati storici, molto importanti a questo scopo) le aree a maggiore pericolosità. I dati attualmente disponibili forniscono molti elementi utili per capire dove avvengono i terremoti, con quali caratteristiche si manifestano (il tipo di movimento, la magnitudo massima attesa, ecc.) e dove dobbiamo aspettarci i futuri eventi. In questa presentazione cercherò di fornire una panoramica di questi dati e delle conoscenze attuali, soffermandomi sul terremoto abruzzese del 2009: un terremoto atteso, ma non previsto. Della grande mole di dati sismici che viene continuamente registrata e memorizzata al Centro Nazionale Terremoti dell’INGV (a un ritmo di circa 25 Gbytes al giorno) soltanto una piccola parte viene usata di routine per studiare i terremoti (le onde sismiche di maggiore energia che si distinguono dal rumore sismico di fondo). Di recente, sono state sviluppate nuove tecniche che utilizzano anche il rumore sismico per lo studio della struttura crostale, la variazione dei parametri elastici e l’identificazione dei “tremori” non-vulcanici. Quest’ultimo aspetto è particolarmente promettente per comprendere i meccanismi di deformazione delle zone di subduzione e delle zone di faglia crostali. Evidenziato per la prima volta tra il 2002 e il 2004 nelle zone di subduzione pacifiche del Giappone e in Cascadia, è stato successivamente riconosciuto in altri ambienti tettonici (ad es. la faglia di San Andreas in California ). Questa scoperta ha rivoluzionato alcune delle teorie geologiche più tradizionali, enfatizzando il ruolo dei fluidi nelle zone di subduzione e nelle aree di faglia. Lo studio di questi processi è appena agli inizi in molte regioni del mondo, inclusa l’Italia. I dati delle nostre reti sismiche potrebbero ancora riservare delle sorprese.

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